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Fino a poco tempo fa ignoravo l’esistenza del Monte Rotondo, poi qualche settimana fa, alla Bocchetta di Larec, Camillo, uno dei ragazzi di via Bazzini, mi informò che la montagna che stavo indicando sul lato opposto della valle, che erroneamente io ritenevo essere il Pizzo Alto, in realtà era il Monte Rotondo e mi illustrò le possibili vie per salirvi in vetta. Meta dell’escursione odierna, come avrete già intuito, è il Monte Rotondo, che con il Legnone e il Pizzo Alto, tanto per citare le cime più elevate, sono le montagne che costituiscono la barriera che separa La Valsassina e la Valtellina. Durante la prima guerra mondiale Cadorna, diffidando della neutralità della Svizzera, fortificò questo sbarramento di montagne, ritenendo che l’esercito austro-ungarico, attraverso la Valle di Poschiavo, potesse dilagare in Valtellina e da lì scendere senza più incontrare resistenza verso Milano. Fortunatamente le cose non andarono cosi’, e oggi, nonostante l’incuria in cui versano queste realizzazioni,si può ancora camminare su questi sentieri pensati per scopi diversi da quelli per cui oggi vengono utilizzati. Mio compagno dell’ escursione odierna in Val Fraina, Fausto, mio inseparabile compagno di merende del passato, che per l’occasione ha utilizzato il permesso concessogli da chi lui ama definire come “il mio capo” ma che in realtà è molto di più del suo responsabile diretto, perche’ è la sua compagna. E chi è uomo di mondo conosce la sostanziale differenza tra i due ruoli.
Fino a poco tempo fa ignoravo l’esistenza del Monte Rotondo, poi qualche settimana fa, alla Bocchetta di Larec, Camillo, uno dei ragazzi di via Bazzini, mi informò che la montagna che stavo indicando sul lato opposto della valle, che erroneamente io ritenevo essere il Pizzo Alto, in realtà era il Monte Rotondo e mi illustrò le possibili vie per salire in vetta. Dopo queste premesse avrete già intuito la meta della mia escursione odierna. Ma procediamo con ordine. Il Monte Rotondo, il celeberrimo Legnone e il Pizzo Alto, tanto per enunciare le cime più elevate di quel gruppo di montagne disposte in modo da formare una linea di confine tra la Valsassina e la Valtellina. Durante la prima guerra mondiale Cadorna, diffidando della dichiarata neutralità della Svizzera, fortificò le creste e i pendii di queste montagne, ritenendo che l’esercito austro-ungarico, attraverso la Valle di Poschiavo, potesse entrare in Valtellina e da lì propagarsi per tutta la Pianura Padana. Fortunatamente le cose non andarono così, e oggi, nonostante l’incuria in cui versano questi manufatti, possiamo percorrere quei sentieri con motivazioni ben diverse da quelli che hanno animato la loro costruzione. Mio compagno di escursione sui pendii della Val Fraina, Fausto, compagno di merende da tempo memore, oggi in permesso di libera uscita rilasciato da colei che lui ama definire “il mio capo”, ma che pur avendo un potere di influenzare le sue decisioni pari a quello di un capo, suo capo non è. Avrete senz’altro capito che sto alludendo a Sabrina, la sua compagna.